L’umbro è una lingua sabellica attestata in Italia centrale, le cui testimonianze ricalcano essenzialmente l’area dell’Umbria odierna.
Tracce storiche dell’entità etnica umbra in antichità ci arrivano da Cicerone che chiamò col termine Umbria (De div. I, 92) una regione con confini ben definiti, abitata da quella che Plinio definirà gens antiquissima Italiae (Nat. Hist. III, 14), regione che appare in forti contatti con i popoli limitrofi (Etruschi, Sabini e Piceni).
Le testimonianze epigrafiche coprono un arco cronologico che va dal IV al I secolo a.C. La lingua è attestata da due principali grafie: una epicorica di origine etrusca e una latina.
La peculiarità che immediatamente appare è l’estremo squilibrio tra i testi più estesi, complessi, lunghi e meglio conservati della documentazione sabellica, le Tavole Iguvine, e l’esiguo numero di iscrizioni, una trentina, che compone il resto del corpus documentario umbro. Proprio le Tavole Iguvine rappresentano un documento di estrema importanza nel quadro della documentazione epigrafica dell’Italia antica, in quanto descrivono, in duplice redazione grafica umbra e latina, le fasi di complesse ritualità arcaiche. In queste tavole si conservano infatti un gran numero di procedimenti legati alle preghiere e ai rituali (purificazione, lustrazione, sacrifici) e alla preparazione della confraternita Atiedia al rito.
Il restante corpus epigrafico umbro comprende invece qualche decina di iscrizioni brevi, che rientrano nelle categorie delle iscrizioni votive, delle dediche, degli epitaffi e delle iscrizioni di carattere pubblico che, ad esempio, indicano i magistrati che hanno compiuto una certa opera. Tra le iscrizioni minori più significative per l’importanza dei supporti ricordiamo il Marte di Todi e l’elmo di Bologna.
Rispetto all’osco, considerata la lingua più conservativa delle lingue sabelliche sia dal punto di vista fonetico sia morfosintattico e lessicale, l’umbro sembra aver fatto più strada nell’evoluzione linguistica, apparendo molto più mutata rispetto alle altre varietà. Ne è un esempio la prepotente presenza della sincope che ha agito sulle vocali atone provocandone la caduta.
Insieme alle altre lingue dell’Italia antica partecipa alla fitta rete di scambi e influenze che rientrano nelle dinamiche della koiné italica.
Bibliografia
Grammatiche e Dizionari:
- Planta, R. 1892-1897. Grammatik der Oskisch-Umbrischen Dialekte. Strassburg: Trübner.
- Buck, C. 1904. A Grammar of Oscan and Umbrian. Boston: Ginn & Company Publishers.
- Petrocchi, A., Wallace, R. 2019. Grammatica delle Lingue Sabelliche dell’Italia Antica, München, Lincom [ed. ingl. 2007].
- Untermann, J. 2000. Wörterbuch des Oskisch-Umbrischen. Heidelberg: C. Winter.
Testi:
- Rocca, G. 1996. Iscrizioni umbre minori, Firenze: Olschki.
- Rix, H. 2002. Sabellische Texte. Heidelberg: C. Winter.
- Agostianini, L., Calderini, A. e Massarelli, R. 2011. Screhto est. Lingua e scrittura degli antichi Umbri, Perugia.
- Prosdocimi, A. L. 2015. Tavole Iguvine. II. Preliminari all’interpretazione. La testualità: fatti e metodi, I-III, Firenze: Olschki.
Introduzioni:
- Prosdocimi, A.L. 1978. «L'umbro». In Lingue e dialetti dell’Italia antica, a cura di Aldo Luigi Prosdocimi, 585–788. Popoli e civiltà dell’Italia antica 6. Roma - Padova: Biblioteca di Storia Patria.
Ultimo aggiornamento
10.04.2021