La Sicilia del I millennio a.C. è stata descritta da Tucidide in una parte della sua Archeologia (6.2-5). Oltre alle popolazioni greche e fenicie che lambivano le coste, lo storico parla di un’etnicità sicana (Sikanoi) di origine iberica che andò a insediarsi nella parte centrale e meridionale dell’isola; di un popolo elimo di origine troiana che occupò la regione occidentale e fondò le città di Erice e Segesta; di un popolo siculo (Sikeloi) di origine italica, che giunse nella Sicilia settentrionale e orientale spingendo i Sicani, giunti in precedenza, verso le regioni centrali.
La descrizione etnica tucididea può essere utile per schematizzare la situazione linguistica della Sicilia antica non greca che presenta un corpus epigrafico purtroppo scarno e frammentario, in qualche caso difficilmente attribuibile con certezza a uno dei popoli summenzionati. Anche per le attestazioni indirette, che constano di una settantina di parole attribuite ai Siculi, ancora si dibatte se si tratti di parole indigene o appartenenti a qualche dialetto greco.
Iniziando dall’area nord-occidentale, l’epigrafia elima (VI-V secolo a.C.) ci offre una grande quantità di legende in alfabeto greco su monete dalle città di Erice e Segesta e un gruppo di iscrizioni su ceramica, principalmente dai siti di Montelepre e Monte Castellazzo, che, però, nella maggior parte dei casi, ci tramandano sigle e abbreviazioni, mentre i testi più lunghi sono molto frammentari. Data la situazione è arduo riuscire a descrivere anche solo parzialmente questa lingua, eccezion fatta per poche evidenze come la prima persona singolare del verbo essere emi, così in apparenza vicina alla lingua greca. La lingua testimoniata è concordemente attribuita alla famiglia indoeuropea, sebbene non sia possibile stabilirne un posizionamento più preciso.
L’epigrafia sicula è invece più varia e geograficamente più estesa. Le circa 30 iscrizioni databili tra il VI e il V secolo a.C. sono in alfabeto greco e, tradizionalmente, in base alla presenza di specifiche varianti nell’adattamento dello stesso alla lingua, sono divise in tre aree scrittorie: il territorio intorno all’Etna, l’area degli Iblei e la Sicilia centrale. I testi epigrafici giuntici spaziano da graffiti su ceramica (Centuripe) a testi monumentali di discreta lunghezza su cippi (Mendolito) o su tegole e di carattere funerario come le iscrizioni di Licodia Eubea. Dagli scarsi dati linguistici che si possono rintracciare dalla documentazione sicula sembra essere rilevabile una patina di sabellicità desumibile da elementi di carattere lessicale come la presenza, ad esempio, nell’iscrizione del Mendolito dei termini akara- e touta-, per cui è facile istituire paragoni col lessico sabellico, e indizi onomastici di formule bimembri come rukes hazsuie[s], anche se siamo lontani da un sistema standardizzato, come dimostrato dalla presenza di altre formule monomembri.
Alla lingua sicana, tradizionalmente considerata non indoeuropea, sono infine sono attribuiti 4-6 testi frammentari, tra cui alcuni graffiti da Montagna di Marzo, per i quali, purtroppo, ad oggi mancano proposte interpretative soddisfacenti.
Bibliografia
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Ultimo aggiornamento
11.04.2021